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Il messaggio di francesco

Chiavari: la parola del Papa, oggi San Francesco patrono dei giornalisti

Papa Francesco con una piccola malata.

Da don Luca Sardella, Direttore Ufficio per le Comunicazioni sociali e Portavoce della Diocesi

Oggi, nella memoria liturgica di San Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, è
stato diffuso il Messaggio di Papa Francesco per la 57ma Giornata Mondiale delle
Comunicazioni Sociali dal titolo: «Parlare col cuore. “Secondo verità nella carità”».
Ci ritroveremo insieme a riflettere su questo tema il prossimo 15 febbraio a partire
dalle ore 11:00 nel Teatro di Casa Charitas in via Marana a Chiavari, nell’ambito del
tradizionale incontro con i cronisti promosso ormai da qualche anno dalla nostra
Diocesi e dall’Arcidiocesi di Genova.

Ci aiuteranno nella riflessione i colleghi Gianni Borsa, giornalista dell’Agenzia Sir,
e Fabio Bolzetta, presidente dell’Associazione Webmaster Cattolici Italiani.
In questa occasione sarà consegnato il Premio giornalistico 2023.

***

Messaggio del Santo Padre Francesco per la 57ma Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali

Cari fratelli e sorelle!
Dopo aver riflettuto, negli anni scorsi, sui verbi “andare e vedere” e “ascoltare” come
condizione per una buona comunicazione, vorrei con questo Messaggio per la LVII
Giornata Mondiale delle Comunicazioni Sociali soffermarmi sul “parlare con il cuore”.
È il cuore che ci ha mosso ad andare, vedere e ascoltare ed è il cuore che ci muove a una
comunicazione aperta e accogliente. Dopo esserci allenati nell’ascolto, che richiede attesa
e pazienza, nonché la rinuncia ad affermare in modo pregiudiziale il nostro punto di
vista, possiamo entrare nella dinamica del dialogo e della condivisione, che è appunto
quella del comunicare cordialmente. Una volta ascoltato l’altro con cuore puro,
riusciremo anche a parlare seguendo la verità nell’amore (cfr Ef 4,15). Non dobbiamo
temere di proclamare la verità, anche se a volte scomoda, ma di farlo senza carità, senza
cuore. Perché «il programma del cristiano – come scrisse Benedetto XVI – è “un cuore
che vede”»[1]. Un cuore che con il suo palpito rivela la verità del nostro essere e che per
questo va ascoltato. Questo porta chi ascolta a sintonizzarsi sulla stessa lunghezza
d’onda, al punto da arrivare a sentire nel proprio cuore anche il palpito dell’altro. Allora
può avvenire il miracolo dell’incontro, che ci fa guardare gli uni gli altri con compassione,
accogliendo le reciproche fragilità con rispetto, anziché giudicare per sentito dire e
seminare discordia e divisioni.
Gesù ci avverte che ogni albero si riconosce dal suo frutto (cfr Lc 6,44): «L’uomo buono
dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae
fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda» (v. 45). Per
questo, per poter comunicare secondo verità nella carità, occorre purificare il proprio
cuore. Solo ascoltando e parlando con il cuore puro possiamo vedere oltre l’apparenza e
superare il rumore indistinto che, anche nel campo dell’informazione, non ci aiuta a
discernere nella complessità del mondo in cui viviamo. L’appello a parlare con il cuore
interpella radicalmente il nostro tempo, così propenso all’indifferenza e all’indignazione,
a volte anche sulla base della disinformazione, che falsifica e strumentalizza la verità.
Comunicare cordialmente
Comunicare cordialmente vuol dire che chi ci legge o ci ascolta viene portato a cogliere
la nostra partecipazione alle gioie e alle paure, alle speranze e alle sofferenze delle donne
e degli uomini del nostro tempo. Chi parla così vuole bene all’altro perché lo ha a cuore e
ne custodisce la libertà, senza violarla. Possiamo vedere questo stile nel misterioso
Viandante che dialoga con i discepoli diretti a Emmaus dopo la tragedia consumatasi sul
Golgota. Ad essi Gesù risorto parla con il cuore, accompagnando con rispetto il
cammino del loro dolore, proponendosi e non imponendosi, aprendo loro con amore la
mente alla comprensione del senso più profondo dell’accaduto. Essi infatti possono
esclamare con gioia che il cuore ardeva loro nel petto mentre Lui conversava lungo il
cammino e spiegava loro le Scritture (cfr Lc 24,32).

In un periodo storico segnato da polarizzazioni e contrapposizioni – da cui purtroppo
anche la comunità ecclesiale non è immune – l’impegno per una comunicazione “dal
cuore e dalle braccia aperte” non riguarda esclusivamente gli operatori dell’informazione,
ma è responsabilità di ciascuno. Tutti siamo chiamati a cercare e a dire la verità e a farlo
con carità. Noi cristiani, in particolare, siamo continuamente esortati a custodire la lingua
dal male (cfr Sal 34,14), poiché, come insegna la Scrittura, con la stessa possiamo
benedire il Signore e maledire gli uomini fatti a somiglianza di Dio (cfr Gc 3,9). Dalla
nostra bocca non dovrebbero uscire parole cattive, «ma piuttosto parole buone che
possano servire per un’opportuna edificazione, giovando a quelli che ascoltano» (Ef
4,29).
A volte il parlare amabile apre una breccia perfino nei cuori più induriti. Ne abbiamo
traccia anche nella letteratura. Penso a quella pagina memorabile del cap. XXI dei
Promessi Sposi in cui Lucia parla con il cuore all’Innominato sino a che questi,
disarmato e tormentato da una benefica crisi interiore, cede alla forza gentile dell’amore.
Ne facciamo esperienza nella convivenza civica dove la gentilezza non è solo questione
di “galateo”, ma un vero e proprio antidoto alla crudeltà, che purtroppo può avvelenare i
cuori e intossicare le relazioni. Ne abbiamo bisogno nell’ambito dei media, perché la
comunicazione non fomenti un livore che esaspera, genera rabbia e porta allo scontro,
ma aiuti le persone a riflettere pacatamente, a decifrare, con spirito critico e sempre
rispettoso, la realtà in cui vivono.
La comunicazione da cuore a cuore: “Basta amare bene per dire bene”
Uno degli esempi più luminosi e ancora oggi affascinanti del “parlare con il cuore” è
rappresentato da San Francesco di Sales, Dottore della Chiesa, a cui ho recentemente
dedicato la Lettera Apostolica Totum amoris est, a 400 anni dalla sua morte. Accanto a
questo importante anniversario, mi piace ricordarne in tale circostanza un altro che
ricorre in questo 2023: il centenario della sua proclamazione a patrono dei giornalisti
cattolici da parte di Pio XI con l’Enciclica Rerum omnium perturbationem. Intelletto
brillante, scrittore fecondo, teologo di grande spessore, Francesco di Sales fu vescovo di
Ginevra all’inizio del XVII secolo, in anni difficili, contrassegnati da dispute accese con i
calvinisti. Il suo atteggiamento mite, la sua umanità, la disposizione a dialogare
pazientemente con tutti e specialmente con chi lo contrastava lo resero un testimone
straordinario dell’amore misericordioso di Dio. Di lui si poteva dire che «una bocca
amabile moltiplica gli amici, una lingua affabile le buone relazioni» (Sir 6,5). Del resto,
una delle sue affermazioni più celebri, «il cuore parla al cuore», ha ispirato generazioni di
fedeli, tra cui San John Henry Newman che la scelse come motto, Cor ad cor loquitur.
«Basta amare bene per dire bene», era uno dei suoi convincimenti. Esso dimostra come
per lui la comunicazione non dovesse mai ridursi a un artificio, a – diremmo oggi – una
strategia di marketing, ma fosse il riflesso dell’animo, la superficie visibile di un nucleo
d’amore invisibile agli occhi. Per San Francesco di Sales è proprio «nel cuore e attraverso
il cuore che si compie quel sottile e intenso processo unitario in virtù del quale l’uomo
riconosce Dio»[2]. “Amando bene” San Francesco riuscì a comunicare con il sordomuto
Martino, diventandone amico; perciò viene ricordato anche come protettore delle
persone con disabilità comunicative.

È a partire da questo “criterio dell’amore” che, attraverso i suoi scritti e la sua
testimonianza di vita, il santo vescovo di Ginevra ci ricorda che “siamo ciò che
comunichiamo”. Lezione oggi controcorrente in un tempo nel quale, come
sperimentiamo in particolare nei social network, la comunicazione viene sovente
strumentalizzata affinché il mondo ci veda come noi desidereremmo essere e non per
quello che siamo. San Francesco di Sales disseminò numerose copie dei suoi scritti nella
comunità ginevrina. Tale intuizione “giornalistica” gli valse una fama che superò
rapidamente il perimetro della sua diocesi e perdura ancora ai nostri giorni. I suoi scritti,
ha osservato San Paolo VI, suscitano una lettura «sommamente piacevole, istruttiva,
stimolante»[3]. Se guardiamo oggi al panorama della comunicazione, non sono proprio
queste le caratteristiche che un articolo, un reportage, un servizio radiotelevisivo o un
post sui social dovrebbero soddisfare? Gli operatori della comunicazione possano
sentirsi ispirati da questo santo della tenerezza, ricercando e raccontando la verità con
coraggio e libertà, ma respingendo la tentazione di usare espressioni eclatanti e
aggressive.

Parlare con il cuore nel processo sinodale
Come ho avuto modo di sottolineare, «anche nella Chiesa c’è tanto bisogno di ascoltare e
di ascoltarci. È il dono più prezioso e generativo che possiamo offrire gli uni agli altri»[4].
Da un ascolto senza pregiudizi, attento e disponibile, nasce un parlare secondo lo stile di
Dio, nutrito di vicinanza, compassione e tenerezza. Abbiamo un urgente bisogno nella
Chiesa di una comunicazione che accenda i cuori, che sia balsamo sulle ferite e faccia
luce sul cammino dei fratelli e delle sorelle. Sogno una comunicazione ecclesiale che
sappia lasciarsi guidare dallo Spirito Santo, gentile e al contempo profetica, che sappia
trovare nuove forme e modalità per il meraviglioso annuncio che è chiamata a portare
nel terzo millennio. Una comunicazione che metta al centro la relazione con Dio e con il
prossimo, specialmente il più bisognoso, e che sappia accendere il fuoco della fede
piuttosto che preservare le ceneri di un’identità autoreferenziale. Una comunicazione le
cui basi siano l’umiltà nell’ascoltare e la parresia nel parlare, che non separi mai la verità
dalla carità.
Disarmare gli animi promuovendo un linguaggio di pace
«Una lingua dolce spezza le ossa» dice il libro dei Proverbi (25,15). Parlare con il cuore è
oggi quanto mai necessario per promuovere una cultura di pace laddove c’è la guerra; per
aprire sentieri che permettano il dialogo e la riconciliazione laddove imperversano l’odio
e l’inimicizia. Nel drammatico contesto di conflitto globale che stiamo vivendo è urgente
affermare una comunicazione non ostile. È necessario vincere «l’abitudine di screditare
rapidamente l’avversario, attribuendogli epiteti umilianti, invece di affrontare un dialogo
aperto e rispettoso»[5]. Abbiamo bisogno di comunicatori disponibili a dialogare,
coinvolti nel favorire un disarmo integrale e impegnati a smontare la psicosi bellica che si
annida nei nostri cuori, come profeticamente esortava San Giovanni XXIII nell’Enciclica
Pacem in terris: «La vera pace si può costruire soltanto nella vicendevole fiducia» (n. 61).
Una fiducia che ha bisogno di comunicatori non arroccati, ma audaci e creativi, pronti a
rischiare per trovare un terreno comune dove incontrarsi. Come 60 anni fa, anche ora
viviamo un’ora buia nella quale l’umanità teme un’escalation bellica che va frenata quanto
prima anche a livello comunicativo. Si rimane atterriti nell’ascoltare con quanta facilità
vengono pronunciate parole che invocano la distruzione di popoli e territori. Parole che
purtroppo si tramutano spesso in azioni belliche di efferata violenza. Ecco perché va
rifiutata ogni retorica bellicistica, così come ogni forma propagandistica che manipola la
verità, deturpandola per finalità ideologiche. Va invece promossa, a tutti i livelli, una
comunicazione che aiuti a creare le condizioni per risolvere le controversie tra i popoli.
In quanto cristiani, sappiamo che è proprio grazie alla conversione del cuore che si
decide il destino della pace, poiché il virus della guerra proviene dall’interno del cuore
umano[6]. Dal cuore scaturiscono le parole giuste per diradare le ombre di un mondo
chiuso e diviso ed edificare una civiltà migliore di quella che abbiamo ricevuto. È uno
sforzo richiesto a ciascuno di noi, ma che richiama in particolare il senso di
responsabilità degli operatori della comunicazione, affinché svolgano la propria
professione come una missione.

Il Signore Gesù, Parola pura che sgorga dal cuore del Padre, ci aiuti a rendere la nostra
comunicazione libera, pulita e cordiale.
Il Signore Gesù, Parola che si è fatta carne, ci aiuti a metterci in ascolto del palpito dei
cuori, per riscoprirci fratelli e sorelle, e disarmare l’ostilità che divide.
Il Signore Gesù, Parola di verità e di amore, ci aiuti a dire la verità nella carità, per
sentirci custodi gli uni degli altri.
Roma, San Giovanni in Laterano, 24 gennaio 2023, memoria di San Francesco di Sales.

FRANCESCO