Recco: Katie ed Emily e i ricordi di nonno Hans e nonna Senta - LevanteNews
LA REDAZIONE
Scrivici
PUBBLICITÀ
Richiedi contatto
I nonni hans e senta

Recco: Katie ed Emily e i ricordi di nonno Hans e nonna Senta

La persecuzione degli ebrei, già nell’Europa prenazista, è come un’alta marea che invade prima alcuni Paesi e sembra lasciarne altri immuni. Come l’Italia, dove la caccia all’ebreo e alle sue proprietà diventa reale solo con le leggi razziali e poi con l’occupazione nazista.

A Recco, a Villa Palme, appena fuori dal centro, dal 1934 al 1938, nasce la “Scuola del Mediterraneo”, fondata e diretta da Hans Weil, già docente dell’Università di Francoforte. Raccoglie ragazzi e ragazze, tutti tedeschi di origine ebraica, che le famiglie vogliono educare lontano dalle idee naziste all’epoca dominanti. Una scuola come altre in Italia, che si differenzia perché alle materie classiche ne alterna alcune innovative.

Lunedì 8 agosto, alle 18.30 a Recco nella piazzetta davanti alla libreria Capurro, verrà presentato il libro “La terra promessa di Clara Farber” scritto da Constance Weil Rauch, figlia del professor Weil. Leggeranno brani del libro: Angelo Reggiani e Mapy Abbracchio, scienziati, amici personali dell’autrice che hanno avuto un ruolo importante nel far conoscere la storia della “Scuola del Mediterraneo”; Giuliana Bendelli, docente universitaria; Carla Debarbieri, docente e ideatrice del film “Ritorno a Villa Palme”.

Saranno presenti Katie ed Emily Rauch, figlie di Constance che, grazie a Carla Debarbieri, abbiamo incontrato e intervistato.

Che ricordo avete dei nonni? “Lui era un ebreo laico, un intellettuale amante della cultura tedesca; non credeva che Hitler si sarebbe affermato. Nonna nata in Lettonia, non era ebrea. Prima del 1933 una notte si svegliò e scoprì che qualcuno aveva tracciato provocatoriamente una svastica davanti a casa; prese un secchio d’acqua e una spazzola e la cancellò senza incaricare la domestica. A differenza del nonno lei aveva capito che Hitler avrebbe imposto le sue teorie. Quando fu costretto a lasciare l’università di Francoforte fu inevitabile venisse in Italia”.

Wikipedia ricorda la storia dei rapporti del nonno con la Germania. Che fece dopo l’arrivo negli Stati Uniti? “Vi giunse con l’ultimo viaggio di linea della nave ‘Vulcania’ prima che fosse adibita al trasporto di armi e truppe. Sul passaporto c’era un timbro rosso con su scritto “Straniero nemico”. Anche se lui era un antinazista e per questo profugo. Ciò gli causava depressione. Tutto ciò che aveva costruito in Germania e in Italia non valeva più nulla. Aveva un caratteraccio. Stava seduto rigido su una sedia ascoltando Beethoven. A volte per un nonnulla andava su tutte le furie; è capitato che ci strattonasse. Gli era precluso insegnare. Aveva contatti con esuli tedeschi, ma in proposito non abbiamo documentazione”.

Aveva trovato un lavoro? “Era un bravo fotografo e mise a frutto questa sua capacità. Eseguiva immagini tecniche per industrie. Era soprattutto un buon ritrattista. Cercava di fotografare le persone quando assumevano atteggiamenti naturali. Provava a farle sorridere usando giochi di parole che non tutti capivano”.

Era un artista? “No, l’artista era nonna Senta. Arrivata in America si tagliò i capelli come allora usava negli Stati Uniti. Le piaceva disegnare e andava a scuola di disegno, vendeva i suoi dipinti. Anche lei ascoltava la musica, ma quella dei Beatles. Era una donna proiettata nella vita del nuovo Paese che la ospitava. Era allegra e molto vicina a noi nipotine. Una sola volta si irrigidì, entrando in un grande magazzino e vedendo un addetto alla security in divisa: le ricordò le uniformi naziste.”

I vostri nonni tornarono a Recco? “Sì, alla fine degli anni Cinquanta o agli inizi degli anni Sessanta e soggiornarono all’albergo Elena; furono felici di rimettere piede sia a Recco sia a Pieve Ligure dove avevano abitato una volta chiusa la scuola ebraica. Tornarono anche in Germania, dove a mio nonno fu riconosciuta una pensione. Tenne anche conferenze in cui, lui intellettuale, parlò di problemi della gente comune. Ma non si trovava più a proprio agio nel Paese il cui passato lo aveva reso profugo”.

Vostra madre è stata una scrittrice; nel libro che presenterete lunedì 8 a Recco si parla della sua vita in America. “Mia nonna Senta non era ebrea e si è subito adeguata alla nuova vita oltreoceano. Altrettanto ha fatto mia madre. Una sola volta a scuola, sapendo che era tedesca, alcune compagne hanno abbozzato il passo dell’oca, subito richiamate da una insegnante; una bravata senza nessun significato antisemita, per altro mia madre non era ebrea. Ha avuto sempre molta fiducia nel mondo Usa: frequentava i campi estivi, i college, una vita pienamente americana”.

Avevate uno zio, Anselmo; quando morì la seconda moglie consegnò ad un museo ebraico un baule pieno di documenti. “Nostr0 zio Anselmo, prima di lasciare l’Italia, fu mandato a scuola di inglese perché potesse fare da ponte tra la famiglia e il nuovo Paese dove emigrarono prima la nonna con i due figli, perché, essendo lettone, non aveva avuto difficoltà ad avere il visto, e poi mio padre. Anche se la prima a impadronirsi della lingua fu nostra madre. Mio zio aveva difficoltà nei rapporti interpersonali; aveva un carattere difficile e rancoroso. A un certo punto volle cambiare nome una prima volta e scelse l’americano Charly. Era intelligentissimo e bravissimo a scuola, ma ebbe una pagella sconsolante. Spiegò ai genitori che non voleva essere il primo della classe, ma uniformarsi al livello dei compagni”.

Recco per voi rappresenta solo un luogo di vacanza?  “No. Basta passeggiare per le sue strade per sentire che qui nonno Hans e nonna Senta hanno vissuto e che mamma vi è stata quando era bambina”.

Più informazioni