Pino Lanata (cacciatore) replica a Angelo Spanò (ambientalista)
Gent.mo Sig. Angelo Spanò,
ho letto il suo “pensiero” su Levante News.
Lei è il coordinatore metropolitano di Europa Verde; e così probabilmente sa tutto sull’Europa Verde, ma non sa nulla o quasi dei cinghiali del nostro entroterra e probabilmente non sa nulla della regolamentazione dell’utilizzo della carne degli stessi.
Ringrazia solo “la cattiva idea” dei cacciatori che avrebbero introdotto i cinghiali!
Ma dove vive? Ha mai visto come è ridotto il nostro entroterra e le immediate periferie delle città?
Le faccio un breve riassunto.
Un tempo, fino agli anni sessanta, esisteva il contadino e la sua agricoltura “di sopravvivenza”; c’erano i castagneti da frutto ben curati, i noccioleti zappati e potati annualmente, il bosco ceduo ben governato per fare le ramaglie i perteghin per l’erbeggia e pe i faxeu, la coltivazione del grano frasscinettu e du granon (per uso famiglia e per gli animali da “lea”); la vacca nello “stallin” sotto la camera da letto, u porco in tu staggio; e le donne di casa giornalmente riempivano “a redassa” con erba e la portavano a casa in testa; fuori dell’abitazione “pille de legna”, in casa u fogoà sempre acceso per la minestra della sera o per scaldare “u bruellu pe u porco” e “puasse” essiccate e custodite gelosamente per “fa fuego de cursa”.
U sccieuppo attaccato alla porta, chiusa con la taella.
Poi è arrivato il progresso: tutti a fare il manovale o l’operaio; i premi per eliminare le vacche da latte (e intanto le varie coop pagavano con tempi biblici); le indennità compensative per chi aveva olivi e non li coltivava, ecc. ecc.
E così velocemente il contadino è scomparso; le strade carrozzabili sterrate sono servite solo per “andà in zu”; le castagne non si raccolgono e non si seccano, “a gré” è crollata), le nocciole idem (il prezzo non è più assolutamente remunerativo); i “bei dell’egua “trascurati, le valli impraticabili; pastenaga, biava, e prebuggiuon nessuno sa più cosa sono.
… e de raspoaggia nu se ne parla.
Rovi, vitalba ovunque, piante sradicate, ramaglie secche abbandonate, niente foglie“in ta cascinna”
L’entroterra è il regno del silenzio, anche gli uccelli beccafighi, lughen, cardain, caiurni, ciattaron, nottuan, verdon, garbè scomparsi; nessuno “batte a messuia”; raro il suono delle campane che scandivano la giornata lavorativa (alba/tramonto) e nessuno va più “ a veggià”.
E mio nonno deceduto nel 1968 si lamentava perché le lepri (a Vignolo di Mezzanego) mangiavano i cavoli e il grano che germogliava, che poi era invaso da e passue; i ratti portavano via le uova delle galline, quando si salvavano dalla volpe, e tante erano le mosche intorno a casa, ma “u liamme” era indispensabile e “ a spuzza” non dava fastidio.
Aleità a vacca era un rito quotidiano, non c’erano ferie o giorni festivi!
…e oggi, con tutto abbandonato, il cinghiale è diventato il nuovo “manente”, che non lascia nemmeno un terzo per il padrone!
Questa è la realtà; ritorniamo a fare il carbone e a coltivare, anche se non c’è reddito, e per il cinghiale non ci sarà più spazio.
Signor Spanò, mi raccomando quando rientra a casa non prema l’interruttore della luce, accenda con un bricchetto “u lumme” o a boxia; e in “tu fogoà” faccia cuocere un salamino di cinghiale.
Vedrà che capirà tante cose, ma soprattutto che i cacciatori non hanno le colpe che Lei vuole dare.
…ma oggi purtroppo è cambiato tutto: è arrivata la peste suina africana, con l’obbligo di eradicare i cinghiali!
NO cinghiale,NO caccia; risolti tutti i problemi.
Covid, aviaria, peste suina: poveri animali a due e quattro zampe; gode solo il lupo (più o meno ibrido) che da buon predatore trova cibo in abbondanza.
Cordialmente.
Chiavari, 15/01/2022
Pino Lanata
P.S. : il 05/10/2018 avevo risposto a una sua lettera pubblicata da Il Secolo XIX; dato che è ancora perfettamente attuale La prego di rileggerla; se non la trova sono pronto a inviarne una copia.