La testimone misteriosa che nel 1996, in due telefonate, la prima all’utenza del commercialista Marco Soracco e poi all’avvocato Gianluigi Cella, insinuò pesanti sospetti nei confronti di Annalucia Cecere quale responsabile della morte di Nada Cella, si muoveva probabilmente dell’ambito del Consorzio Tassano, di matrice focolarina. Lo svela oggi sul Secolo Matteo Indice, cronista sempre attento e informato; stessa versione per altro in un ampio servizio su la Repubblica. Se così fosse potrebbe prendere consistenza la voce (sempre smentita da Soracco) che un sacerdote esercitò pressioni per evitare che uscisse il nome delle Cecere. Ricerca della testimone a parte, l’inchiesta segna il passo in attesa degli esami del dna in rapporto alle tracce ematiche rilevate sul motorino dell’indagata.
Del delitto di Nada Cella e delle nuove e vecchie indagini hanno parlato ieri sera a Primo Canale, il direttore della testata Matteo Cantile in studio e dalla casa di Silvana Smaniotto, madre di Nada, il cronista Michele Varì, che all’epoca si era occupato del caso per il Corriere Mercantile, presente la criminologa Antonella Pesce Delfino che ha fatto riaprire il caso. Stasera si riparlerà di Nada Cella a “Chi l’ha visto?”.