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Camogli: Janoska Ensamble, 75 minuti di divertimento puro

La musica degli Janoska è un guazzabuglio creativo, che denota grande conoscenza della classica ma anche il coraggio di sperimentare. Infatti. Pronti, via, e ti ritrovi con il primo pezzo che in una manciata di minuti di fa sentire Mozart, Beethoven, La Marsigliese, i Beatles e Rossini: tutto di fila

di Paolo Fizzarotti

Un’ora e un quarto di divertimento puro, intelligente e creativo: il concerto dello Janoska Ensamble, sabato 16 ottobre, ha inaugurato nel migliore dei modi la stagione del Teatro Sociale di Camogli, messa in piedi dal nuovo sovrintendente Giuseppe Acquaviva, spalleggiato dal suo braccio destro Massimo Pastorelli. Un teatro da 480 posti quasi pieno nonostante il Covid è sempre uno spettacolo bello da vedere. Il quartetto familiare con i suoi scherzi in musica per 75 minuti ha fatto dimenticare a tutti problemi e preoccupazioni: almeno a giudicare dagli applausi a scena aperta e dalle risate.

Il quartetto è composto dai fratelli Frantisek (pianoforte), Andrej e Roman (violino) e dal cognato Julius Darvas. Sono tutti naturalizzati austriaci: ma come si evince dai cognomi i tre fratelli sono originari di Bratislava, mentre il cognato è ungherese. Lo spettacolo si intitolava “Revolution”: un chiaro omaggio all’omonima canzone dei Beatles e anche alla rivoluzione scherzosa che i quattro si propongono di portare nella musica “impegnata”. Si diceva che la musica degli Janoska è un guazzabuglio creativo, che denota grande conoscenza della classica ma anche il coraggio di sperimentare. Infatti. Pronti, via, e ti ritrovi con il primo pezzo che in una manciata di minuti di fa sentire Mozart, Beethoven, La Marsigliese, i Beatles e Rossini: tutto di fila, senza soluzione di continuità, con transizioni perfette, come se un miscuglio del genere fosse la cosa più naturale del mondo. Anzi, l’unico modo di suonare quella musica. Sono 10 minuti di sarabanda balcanica, tra virtuosismi, assoli, pop, jazz e classica: dove i quattro parenti si reggono il sacco a vicenda. L’anima tzigana si vede tutta, anche quando fanno i beatles in chiave balcanica o un Beethoven “Gershwinato”.

Il secondo pezzo si chiama “Capriccio numero 23 di Paganini – Janoska Stylke”:  e si vede subito. I fratelli ridono di sé stessi e si autodefiniscono Paganinowska. Il pezzo inizia in modo classico, poi all’improvviso partono virtuosismi in chiave jazz. Gli Janoska buttano sul tavolo con la massima noncuranza classica, jazz, swing, samba che all’improvviso si rigirano sulle sonorità tzigane per poi ritornare al Paganini classico. Stessa sorte seguono la Bach suite 3, che parte con il secondo movimento eseguito in modo classico e poi si trasforma in jazz: una cosa che piace al pubblico, visti gli applausi convinti e prolungati alla fine del pezzo.

Una breve pausa discorsiva, giusto per spiegare che i tre fratelli sono la 7ª generazione di musicisti, mentre il cognato contrabbassista si ferma “solo” a tre generazioni. Poi arriva un  pezzo composto da  Frantisek per il figlio Leonidas, che a 6 anni è già un virtuoso del violoncello. Il bimbo deve essere vivace, visto che la musica che lo rappresenta mischia Astor Piazzolla (riconosciuta Libertango) al Samba, con innesti di Paganini e altra musica classica di chiama matrice mitteleuropea. Dopo altri pezzi analoghi, gli Janoska hanno concesso un bis trascinante che ha mandato in estasi il pubblico con gli innesti creati per inserire il pubblico italiano e ligure in particolare. Si parte con La Czarda, la composizione più famosa di Vittorio Monti. Ad un certo punto il contrabbassista nella sua qualità di ungherese viene chiamato dagli altri tre a ballare la Czarda in assolo. Poi il ritmo balcanico si scioglie e diventa “Ma se ghe pensu” con il pianoforte che sembra  una voce che canta; poi la canzone genovese viene suonata all’ungherese; poi la musica diventa ungherese e basta; poi dalla Mitteleuropa nello stesso pezzo si materializza dal nulla “O sole mio” prima in versione normale e subito dopo in versione jazz; poi un virtuosismo di violino; poi “Bella ciao” e chiusura con “Hey Jude” dei Beatles: per chiudere il cerchio di questa Revolution. Seguono 10 minuti di applausi con il pubblico in piedi.

 

 

 

 

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