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Ne: altro che manganese, la vera miniera è il turismo

C’è una pubblicazione preziosa “Di frazione in frazione, le memorie orali della Val Graveglia”, frutto del lavoro di insegnanti e allievi ed edita nel 2000. Attraverso il ricordo degli abitanti mette a confronto la relazione attuale della Val Graveglia, con quella di 50 e 100 anni prima.

Le miniere provocavano la silicosi dovuta alle polveri che causavano morti; il trasporto del materiale, senza una viabilità adeguata veniva affidato alle donne che macinavano chilometri per ricavarne miseria. Oggi pensare alla riapertura delle miniere sarebbe una pazzia; perché qui la vera miniera che rende è il turismo. Valorizzando coltivazioni e lavorazioni in uso da sempre. Non conosciamo i precursori e gli amministratori che per primi pensarono di attirare turisti proponendo loro i prodotti ricavati dalla terra della stessa vallata e una cucina tradizionale sempre apprezzata. Non ci sono più manganese da estrarre e trasportare ai camion, ma la soddisfazione di coltivare, allevare, proporre i prodotti a chilometri 0.

Oggi in Consiglio regionale si dovrebbe dire un nuovo unanime definitivo no alla riapertura delle vecchie miniere.

“Estraendole” dal prezioso libro, una vera “miniera” di notizie, frutto della ricerca di insegnanti e allievi, ricordiamo quali erano le miniere in Val Graveglia, attive fino agli anni Sessanta.

Monte Zanone (manganese)

Porcile (manganese)

Ballarucca (dietro Porcile) (manganese)

Scoffera (dietro Porcile (manganese)

Scarava (tra Arzeno e Statale sotto il monte Riassola) (manganese)

Mulinello (sotto Nascio) (manganese)

Bosseo (bivio per Statale) (manganese e pirite)

Gambatesa (manganese e pirite)

Cassagna (manganese)

Nascio (sopra Nascio) (Pirite)

Monte Bianco (manganese; verso Cassagna calco-pirite tracce d’oro e d’argento)

Bardeneto (a est dove orge l’acqua Sana Rita) (calco-pirite)

Iscioli (marmo rosso tipo “Levanto” e verde chiamato “Imperiale”)