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A Palazzo Ducale riaprono le mostre

Da Michelangelo a Edipo: Io contagio a Una diversa bellezza. Dar Corpo al corpo apre alla Wolfsoniana di Nervi.

Palazzo Ducale a Genova.

Riaprono finalmente le mostre a Palazzo Ducale. A predenre la parola è la direttrice Serena Bertolucci, che dichiara: “Ripartiamo con grande forza e con la convinzione dell’importanza della cultura in questa fase complessa; ripartiamo con un appello ai nostri    tradizionali visitatori, ma anche a chi ha riscoperto l’imprescindibilità della cultura: abbiamo bisogno della vostra presenza, del vostro contributo. Acquistare il biglietto di una mostra o di una visita agli ambienti storici del palazzo ha in questo momento un valore straordinario; è un aiuto fondamentale affinché l’offerta culturale del ducale possa continuare ad essere forte, libera, ed accessibile a tutti”

Inoltre giovedì 4 febbraio alle ore 21, conversazione tra la stessa Serena Bertolucci e Davide Livermore dal titolo Da Michelangelo a Edipo. Riflessioni sulla ripartenza “, che verrà trasmessa in streaming sul canale YouTube del Teatro Nazionale di Genova e sulle pagine fb di Palazzo Ducale e del Teatro.

Queste invece le mostre in programma a Palazzo Ducale

Michelangelo divino artista (Appartamento del Doge, Palazzo Ducale, Genova)

A cura di Cristina Acidini

Con Alessandro Cecchi ed Elena Capretti

Dal 21 ottobre 2020, la mostra Michelangelo divino artista è stata aperta al pubblico solo per poche settimane, per poi chiudere a causa delle normative legate alla pandemia da Covid-19. Ora, grazie alla disponibilità dei vari prestatori, di Casa Buonarroti e dell’Associazione Culturale MetaMorfosi, viene riaperta al pubblico dal 1° febbraio fino al 2 maggio, dal lunedì al venerdì con visite scaglionate in ottemperanza alle direttive di sicurezza anti Covid-19.

Scultore, pittore, architetto e poeta, Michelangelo Buonarroti fu un artefice di opere incomparabili per tensione morale, energia della forma, complessità dei concetti espressi. Alla figura di Michelangelo, che può dirsi unica nella storia della civiltà occidentale, e alla sua unicità che ancora oggi appare intramontabile, Palazzo Ducale presenta la mostra Michelangelo divino artista, prodotta e organizzata da Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura e dall’Associazione Culturale MetaMorfosi.

Articolata secondo un percorso espositivo biografico e tematico, concentra un’attenzione speciale su un particolare aspetto dell’unicità del maestro toscano: gli incontri eccezionali che costellano la biografia del Buonarroti.

Nella sua vita prodigiosamente lunga e operosa, infatti, l’artista fin dalla prima adolescenza fu in contatto, grazie al suo talento e, in seguito, alla sua fama, con personaggi d’alto rango dell’età rinascimentale, in posizioni chiave nella politica, nella religione, nella cultura. Nessun altro artista ha mai potuto vantare, né può oggi vantare, d’aver frequentato sotto il loro stesso tetto due futuri pontefici da giovinetti (Leone X e Clemente VII, di stirpe medicea), o di aver servito ben sette papi, o di aver intrattenuto rapporti diretti con mecenati della grandezza di Lorenzo il Magnifico e dei reali di Francia, Francesco I di Valois e la nuora Caterina de’ Medici.
La narrativa storica e storico-artistica che ne risulta non manca di stupire in mostra. Michelangelo attraversò quasi un secolo, in un tempo di guerre, di violenze e di cruciali rivolgimenti (quando prese forma lo scenario politico europeo nel quale tuttora ci muoviamo), mantenendosi vicino al potere senza farsene distruggere e neppure troppo condizionare, in ragione del suo carattere indipendente e risoluto.

Poté assistere, spesso prendendovi parte, agli ultimi splendori dell’età di Lorenzo il Magnifico e alla cacciata della famiglia Medici, alla predicazione apocalittica del Savonarola e alla sua disgrazia, all’ascesa di Roma sotto Giulio II e ai papati dei Medici, alla tragedia del Sacco di Roma e all’assedio delle truppe imperiali alla fragile Repubblica fiorentina, al nuovo autoritario regime mediceo e all’esilio degli oppositori (tra i quali, volontariamente, lui stesso), al nuovo splendore dell’Urbe sotto Paolo III e i suoi successori, alle lacerazioni della Cristianità divisa dagli scismi, al profilarsi della Controriforma e ad altro ancora.

Ma il progetto di una mostra su Michelangelo deve sempre fare i conti con l’inamovibilità della grande maggioranza delle opere autografe dell’artista. Si tratta infatti di statue in marmo e di affreschi, divisi tra musei (prevalentemente a Firenze) e i palazzi Apostolici Vaticani. Risulta quindi tanto più eccezionale la presenza in mostra, in Palazzo Ducale a Genova, di due eccelse sculture in marmo di Michelangelo:
·   la Madonna della Scala (1490 circa), capolavoro giovanile dell’artista conservato in Casa Buonarroti a Firenze; un’opera intensa e monumentale a dispetto delle dimensioni ridotte, punto di arrivo di una profonda rivisitazione di modelli antichi e moderni (Donatello) in chiave molto personale.
.   il monumentale Cristo redentore (1514-1516), conservato nella chiesa di San Vincenzo Martire a Bassano Romano (Viterbo), un’imponente statua (h. 250 cm) identificata solo venti anni fa con la prima versione del Cristo redentore in Santa Maria sopra Minerva a Roma, realizzato per Metello Vari e altri cittadini romani: la prima redazione – quella ora a Bassano Romano – era stata infatti abbandonata dal Buonarroti a causa di una venatura del marmo, tutt’ora ben visibile sulla guancia del Cristo.

Oltre alle sculture citate, sono esposti circa 60 tra disegni autografi e fogli del carteggio di Michelangelo, delle rime e altri suoi scritti originali, in gran parte conservati nella Casa Buonarroti.

Fra i disegni risulta una presenza d’eccezione:
·   la Cleopatra (1535), disegno eseguito per Tommaso Cavalieri, uno di quei fogli (rari e straordinari al tempo stesso) realizzati dall’artista come opere grafiche in sé compiute e di superba qualità, concepite come doni privati ad amici (i presentation drawings, secondo una celebre definizione coniata da Johannes Wilde).

Il percorso espositivo (come pure il catalogo e gli apparati multimediali di accompagnamento) è composto di sezioni, dedicate ai diversi periodi della lunga vita di Michelangelo, che comprendono opere originali di Michelangelo, sculture e disegni in particolare; opere originali di diretti collaboratori, da lui stesso ispirate e guidate; ritratti dipinti e scolpiti, di Michelangelo e dei personaggi storici a lui collegati; medaglie; rime, lettere e, in generale, appropriate testimonianze documentarie e opere d’arte di autori vari.

Per la prima volta in Liguria e tra i primi esempi a livello nazionale la mostra dilata i propri confini verso altre città, sulle tracce di una delle frequentazioni più importanti di Michelangelo, Giulio II che come Sisto IV, apparteneva alla famiglia Della Rovere di origine savonese. Questa esposizione e quindi il mezzo per la promozione e la riscoperta di autentici tesori nascosti, monumenti, palazzi e opere d’arte sparsi sul territorio regionale. Sono previsti infatti incroci virtuosi con la Pinacoteca di Savona, con le sue sezioni Sisto IV e il mecenatismo roveresco con opere di Foppa, Mazone e Lorenzo Fasolo e Giuliano della Rovere, vescovo di Savona, futuro Papa Giulio II.

Il percorso espositivo si presenta con un ordinamento biografico ed è articolato nelle seguenti sezioni:

  1. Le origini, la famiglia
  2. A Firenze: i Medici e il Giardino di San Marco

III.            Da Bologna a Roma: dalla fuga alla fama

  1. La Repubblica fiorentina e il gonfaloniere Soderini
  2. Al servizio di Giulio II
  3. Fra Roma e Firenze per i papi Medici: Leone X e Clemente VII

VII.          L’assedio nell’ultima Repubblica

VIII.         Dalla famiglia fiorentina agli amici romani

  1. Trent’anni al servizio dei papi
  2. I Medici e il mito dopo la morte

 

Dal seguente link è possibile scaricare una selezione di immagini delle opere in mostra, autorizzate alla pubblicazione:

https://www.dropbox.com/sh/gkltx1kul5rg6ou/AADQH32cru2nLJ_f40XXy0a?dl=0

 

In via eccezionale per la riapertura, lunedì 1° febbraio, Serena Bertolucci farà 3 visite guidate alle ore 15, 16.30, 17.45 su prenotazione: www.prenotazioni@palazzoducale.genova.it

 

Orari

Lunedì: 15 – 19; dal martedì al venerdì: 10.00 – 19.00
la biglietteria chiude un’ora prima

Gruppi di massimo 12 persone  con prenotazione, www.prenotazioni@palazzoducale.genova.it
Biglietti online www.vivaticket.it

Le visite saranno consentite scaglionate a non più di 20 persone ogni 15 minuti, in sicurezza secondo le norme prescritte anti Covid-19.

 

EDIPO: IO CONTAGIO

Da mercoledì 3 febbraio nel Sottoporticato di Palazzo Ducale apre al pubblico la mostra performativa ideata da Davide Livermore.

 

Un percorso straordinario, tra imponenti elementi scenografici, frammenti di tragedia, performer che recitano all’interno di teche trasparenti. Con la Liguria tornata in zona gialla e la conseguente riapertura delle mostre di Palazzo Ducale, da martedì 3 febbraio può finalmente aprire al pubblico anche Edipo: io contagio – scena e parola in mostra nella Tebe dei Re.

Nato da un’idea del Direttore del Teatro Nazionale di Genova Davide Livermore, accolto con entusiasmo da Luca Bizzarri, Presidente della Fondazione per la Cultura Palazzo Ducale Genova, che ha offerto i propri spazi per la realizzazione, il progetto Edipo: io contagio riflette sulla pandemia partendo da una delle più famose tragedie greche, l’Edipo Re di Sofocle, in cui il protagonista si interroga sulla terribile pestilenza che ha colpito la città da lui governata, Tebe, e su come provare ad arrestare il contagio. La tragedia di Sofocle offre uno specchio implacabile al periodo storico che stiamo vivendo, ma la mostra performativa voluta da Davide Livermore – allestita a novembre nel Sottoporticato di Palazzo Ducale e poi “congelata”, fruibile durante questi mesi attraverso una serie di video – risponde soprattutto all’urgenza di riaffermare l’importanza della cultura teatrale in tempo di crisi e all’esigenza di proteggere e tutelare l’occupazione di artisti e maestranze.

Sono 12 i performer già attivi nel progetto, selezionati grazie a una call lanciata all’indomani del DPCM che il 25 ottobre 2020 chiudeva per la seconda volta i teatri al pubblico come misura di contenimento della diffusione del Covid19; se ci saranno le condizioni per tenere aperta la mostra su tempi di largo respiro, si potranno coinvolgere altri 12 artisti per un totale di 24, come previsto in origine. Curata dallo stesso Davide Livermore insieme a Margherita Rubino e Andrea Porcheddu, la mostra si articola in sei stanze. Avvolti dalle musiche inquietanti di Andrea Chenna, i visitatori si imbattono in maestosi cavalli, tappeti di sangue, una jeep esplosa, bestie macellate, mentre i performer, ciascuno chiuso in un box trasparente, recitano brevi estratti dal primo atto dell’opera di Sofocle, evocando una comunità che si interroga sulle responsabilità dell’uomo nel disastro, in un crudele gioco del destino in cui si è ora vittime, ora colpevoli.

Gli spettacolari elementi scenografici in mostra sono stati messi a disposizione dal Teatro alla Scala e provengono da quattro diversi allestimenti: Elektra del 1994, regia di Luca Ronconi e scene di Gae Aulenti; Tamerlano con la regia di Davide Livermore e le scene dello stesso Livermore e di Giò Forma (2017); Giovanna d’Arco con la regia di Moshe Leiser e Patrice Caurier e le scene di Christian Fenouillat (2016); Giulio Cesare in Egitto con la regia di Robert Carsen e le scene di Gideon Davy (2019).

L’iniziativa promossa dal Teatro Nazionale di Genova e dalla Fondazione per la Cultura Palazzo Ducale Genova è stata affiancata anche da COOP Liguria.

Nelle prossime settimane sarà possibile visitare gratuitamente la mostra performativa il lunedì dalle ore 16 alle 19 e dal martedì al venerdì dalle ore 12.30 alle 19 (ultimo ingresso previsto alle ore 18.30, prenotazioni aperte da martedì 2 febbraio sul sito del Teatro Nazionale di Genova). Il pubblico avrà accesso da Piazza Matteotti in piccoli gruppi, secondo un protocollo che garantisce la sicurezza dei visitatori, dello staff e degli artisti coinvolti.

 

 

INFO www.teatronazionalegenova.it; www.palazzoducale.genova.it

 

 

 

Ufficio stampa Teatro Nazionale di Genova

Manuela Martinez 010 5342 232 m.martinez@teatronazionalegenova.it

 

Mattia Scarsi 010 5342 246 m.scarsi@teatronazionalegenova.it

 

 

 

Una diversa bellezza

Sala Liguria

A cura di Renata Ferri

Una diversa bellezza, la mostra e il libro, sono un omaggio a Emiliano Mancuso, amico, fotografo, regista e tanto altro.

Il titolo, preso in prestito dal bel testo di Domenico Starnone, introduce la prima parte del volume, Terre di Sud, oggetto di questa esposizione e sua prima esperienza fotografica.

La mostra in Sala Liguria presenta 70 fotografie, realizzate dal 2000 in poi, con un approccio spontaneo e contaminato dalla fotografia di strada, queste immagini mostrano i protagonisti di incontri casuali, volti ed espressioni che ci accompagnano in un Paese dolente, senza illusioni, in un perenne oscillare tra la conferma dello stereotipo e la cartolina malinconica.

All’inizio, durante i suoi primi brevi viaggi, l’autore realizza semplici istantanee.  Non c’è ancora consapevolezza nel suo sguardo, ma già si coglie quella sua straordinaria capacità di relazione con l’altro, chiunque esso sia, spesso parte di un’umanità occasionale, talvolta reietta.

Mancuso si avvicina, abita i luoghi, partecipa e diventa complice. Un’empatia naturale segna la sua visione e la addolcisce: sempre clemente, mai giudicante, forte di una sensibilità e di un’energia affettiva che gli permette di accogliere ed essere accolto.

Ma Terre di Sud è un progetto lungo, durato ben otto anni, durante i quali la fotografia diventa un mezzo per osservare la realtà che lo interessa, quella delle persone che vivono ai margini della società o in difficoltà a cui l’autore attraverso le immagini dà voce. Consapevole della forma imprecisa dei suoi lavori, con grande umiltà svolge il compito per lui più importante: essere in relazione. Non si concentra sulla forma estetica del linguaggio visivo. Entrare nelle vite degli altri è già per lui un successo.

In questa esposizione Terre di Sud viene ora riproposto completamente rivisitato: un affresco antropologico, luminoso e gioioso, in cui convivono i caratteri del nostro Paese che, attraverso la fotografia di Mancuso, si arricchiscono di tante sfumature.

C’è una sorta d’ingenuità disarmante e, nello stesso tempo, una solida convinzione in questo suo lavoro. C’è la sua sensibilità mentre disegna i protagonisti che sceglie per raccontare il Paese. La politica, l’economia, la macro-storia sono sempre filtrate dalla micro-storia dei singoli. Vite vissute e testimoniate in prima persona. E con candore, con intrepida audacia, assistiamo allo scorrere di un tempo narrato con compassione rara.

 

Orari:

10 – 19, dal lunedì al venerdì

Ingresso libero

 

 

Dar corpo al corpo

Motivi iconografici del Novecento nella Collezione Wolfson

Wolfsoniana, Genova – Nervi

A cura di Matteo Fochessati e Gianni Franzone

 

Mercoledì 3 febbraio apre al pubblico anche la mostra Dar corpo al corpo, progettata e curata da Matteo Fochessati e Gianni Franzone proprio in relazione alla mostra michelangiolesca ospitata a Palazzo Ducale.

La scultura e la grafica di Michelangelo Buonarroti rappresentarono, come noto, una fondamentale fonte di ispirazione per molti artisti del Novecento italiano, tra i quali Adolfo De Carolis che fu il principale illustratore delle opere dannunziane. Con un suo cartone, dedicato al lavoro delle miniere e caratterizzato, nell’enfatica raffigurazione dei vigorosi corpi degli scavatori, da inflessioni michelangiolesche, diffuse all’epoca in Italia attraverso la lezione di Auguste Rodin, si apre infatti questa esposizione, collaterale alla mostra Michelangelo. Divino artista a Palazzo Ducale.

Il cartone preparatorio per gli affreschi della Sala Consiliare del palazzo della Provincia di Arezzo (1922-1924) introduce, all’interno del percorso espositivo della Wolfsoniana, la sezione dedicata al corpo del lavoro e alla contrapposizione – ravvisabile in quel periodo nelle raffigurazioni di tale soggetto – tra una visione simbolica e celebrativa, sviluppata attraverso l’identificazione con il tema del corpo, e una rappresentazione invece più realistica dello sforzo fisico e delle dure condizioni esistenziali dei lavoratori.

Se la durezza del mondo del lavoro, all’interno di questo duplice registro stilistico, appare incarnata dalla dolente figura di un contadino dipinto da Ugo Martelli o dalla plastica descrizione di una lampada da tavolo raffigurante un lavoratore intento a spingere un blocco di marmo, la rappresentazione allegorica del tema si rivela espressione di quel mito del progresso che, ai primi del Novecento, si venne affermando all’interno del passaggio dalla produzione manuale a quella meccanico-industriale: un motivo iconografico emblematicamente esemplificato dal manifesto di Plinio Nomellini per il quotidiano socialista “Il Lavoro” o dalla scultura di Alberto Giacomasso Donna con turbina.

Altrettanto articolata appare, negli stessi anni, l’immagine del corpo della donna che – protagonista di un processo di emancipazione determinante per la trasformazione del suo ruolo sociale – fu oggetto di una contrapposta raffigurazione, tra retaggi della tradizione e dirompenti trasformazioni imposte dalla modernità.

La centralità del ruolo della donna come madre è evidenziata nel gruppo scultoreo Maternità di Raffaello Consortini (1934) e nell’Autoritratto del pittore con la famiglia di Giorgio Matteo Aicardi (1939), mentre l’opposta immagine di una sofisticata donna moderna ed emancipata si ritrova in molta della pittura e scultura dell’epoca, ma soprattutto, come documentato dai manifesti di Filippo Romoli, nella grafica pubblicitaria e di promozione turistica.

Suddivisa in più capitoli, la sezione dedicata al corpo della propaganda analizza infine come il tema del corpo sia stato centrale nei messaggi della persuasione politica, a partire dalla celebrazione dell’eroe e del martire che si sviluppò a sostegno dello sforzo bellico durante le fasi cruciali della Grande Guerra, stabilizzandosi al termine del conflitto con la creazione di un culto della vittoria impregnato di retorica. Quest’ottica celebrativa, attraverso cui il fascismo autolegittimò la propria presa del potere e alla quale si contrapposero solo poche voci isolate che trovarono peraltro eco in alcune significative esperienze internazionali, restò un tema centrale della propaganda, come dimostrato dal bozzetto per il Sarcofago dei Martiri nella cappella dei caduti del Palazzo del Littorio di Roma di Mario Palanti (1934).

Predominante in questo ambito fu anche l’esaltazione del corpo della gioventù, simbolico emblema dell’uomo “nuovo” fascista, vigoroso e audace esponente di una nazione aggressiva e costantemente pronta alla battaglia.  Anche quando non fu così enfatizzata –  spesso attraverso rimandi alla gestualità e alla postura del Duce – questa celebrazione della virilità assurse comunque a caratteristica identitaria della nazione fascista, in quanto  espressione di solidità e di condivisi valori tradizionali (patria, lavoro e famiglia) da contrapporre al nemico, sovente stigmatizzato attraverso giudizi etnici basati sul concetto di razza e parodistiche rappresentazioni del corpo dell’“altro”.

Le opere in mostra, tutte provenienti dalla collezione della Wolfsoniana, dialogheranno con alcune selezionate opere scelte all’interno dell’allestimento permanente del museo, in un ricco e suggestivo percorso dedicato a una riflessione sul tema del corpo e ai mutamenti della nostra percezione di esso, in particolare nelle situazioni di crisi o nelle più significative fasi di trasformazione della storia sociale.

 

Orari:
Mercoledì, giovedì e venerdì 10.00-18.00

Biglietti:
Interi €.5, ridotto €.4, scuole €.3

INFO: biglietteriawolfsoniana@comune.genova.it; info@wolfsoniana.it; www.wolfsoniana.it

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